Politecnico di Milano - Polo Territoriale di Lecco | |
UPCYCLE: La nuova vita degli sci | |
Sito web: | www.polimi.it |
Città | Lecco |
Settore | istituto universitario |
Attività dell'impresa | |
Progettista | Politecnico di Milano Prof Marco Imperadori Collaboratori: Prof. Graziano Salvalai, Arch. Valentina Gallotti Studenti: Federico Lumina, Elisa Mutti, Ilaria Polese Elena Marchini, Chiara Nardo, Alexandra Prino In collaborazione con Université Grenoble Alpes Prof. Dominique Daudon Prof. Yannick Sieffert |
Innovazione | tecnologica |
Descrizione | Gli studi sono stati svolti grazie alla collaborazione con l’Université Grenoble Alpes (prof. Yannick Sieffert e prof. Dominique Daudon), presso la quale sono stati eseguiti anche test di laboratorio, in modo da poter trattare scientificamente il tema e procedere ad una progettazione strutturale adeguata. Gli sci sono degli elementi longitudinali compositi, che possono divenire componenti eccellenti per la realizzazione di strutture a reticolo come travi o cupole. Prima della costruzione è stato necessario verificare la resistenza meccanica degli sci in flessione e determinare valori del modulo di Young (E) e dell’inerzia sezionale (I). Successivamente sono stati effettuati dei test di trazione di due sci assemblati al fine di testare la bullonatura. Le strutture studiate e realizzate sono essenzialmente di due tipi: una cupola geodetica e una struttura derivante dalla yurta delle popolazioni nomadi della Mongolia. SKI DOME e SKIGLOO Nell’anno 2012 nell’ambito dell’unità didattica dei progetti multidisciplinari del corso di Master 1 in Ingegneria Civile ed Infrastrutturale dell’Università Joseph Fourier di Grenoble, un gruppo di 4 studenti di Ingegneria (Vincent Pillet, Loic Poix, Zarka Zelenkova e Yichen Weng) e 2 studenti della scuola di Architettura (Yohanna Anastassova e Catherine Wright) hanno realizzato il progetto Ski Dome: una cupola geodetica costruita interamente con sci di riciclo. Composta da una successione di esagoni e pentagoni di dimensioni variabili, ma specifiche per ogni grado, la semi-sfera ha un diametro di base di 8 m ed è costituita da 180 sci, per una massa approssimativamente di 360 kg. Essendo un reticolo tridimensionale con 79 unioni assimilabili a cerniere, ogni sci lavora in trazione o compressione. Ad ogni nodo convergono dai 3 ai 6 sci. Gli sci, privati dei loro agganci, sono legati gli uni agli altri attraverso un assemblaggio composto da bulloni M8 x 80 mm passanti. Il montaggio avviene manualmente, senza piattaforme di lavoro, da persone munite di informazioni puramente grafiche, al fine di poter essere montato anche da persone non esperte del mestiere. La logica costruttiva prevede la realizzazione del pentagono centrale e successivamente degli esagoni laterali, che si uniscono ad esso: in tal modo la cupola cresce in altezza, auto-portandosi. Infine vengono realizzati una serie di triangoli alla base per completare la circonferenza della mezza sfera. La struttura risulta verificata e dimensionata staticamente considerando i carichi climatici abituali, così come i carichi accidentali dovuti anche all’utilizzo improprio da parte delle persone. La cupola è stata montata a Grenoble in 7 ore con l’intervento di 10 persone. La stessa cupola è stata riproposta, a Maggio 2015, in occasione del workshop “Architecture with reused materials”, presso il Polo territoriale di Lecco del Politecnico di Milano. Il montaggio è durato poco più di 4 ore, con l’impiego di circa 15 persone tra studenti e professori. Invece per lo smontaggio sono stati necessari solamente 45 minuti ed il lavoro di 6 persone. Esattamente un anno dopo, su richiesta dell’Istituto Comprensivo F.lli Cervi di Nonantola(MO), un’altra cupola dal nome “Skigloo” è stata montata dagli studenti del Polo di Lecco, in collaborazione con l’amministrazione comunale e l’associazione di volontariato “Niente di Nuovo”. Questa volta, alla cupola sono state aggiunte delle vele olimpioniche in Dacron e Mylar, recuperate dal Dipartimento di Design del Politecnico di Milano, per fornire una minima schermatura dal sole alla superficie coperta dalla cupola. La cupola risulta tuttora in opera nel cortile della scuola. SKI YURTH Nell’ambito della Tesi di Laurea “Arca Project”, degli studenti Federico Lumina, Ilaria Polese, Elisa Mutti, con il prof. Marco Imperadori come relatore, è stata sviluppata una seconda struttura di sci di recupero. La forma è basata sulla yurta delle popolazioni nomadi della Mongolia, costruzione a base circolare tutt’oggi in uso, con struttura leggera (quindi di facile trasporto) e rivestita con diversi strati a seconda delle occorrenze. La copertura è di tipo a volta, con un foro centrale che favorisce il ricambio dell’aria e l’ingresso di luce zenitale. La caratteristica sagoma garantisce l’autoportanza della struttura e la rende più resistente anche alla spinta del vento. Inoltre, a differenza di una semisfera, la yurta permette di sfruttare appieno tutto il perimetro interno avendo delle pareti verticali che non lasciano spazio ad angoli di difficile accessibilità. La struttura si sviluppa da una maglia regolare formata da una circonferenza di base suddivisa da 24 assi concentrici, a ciascuno dei quali corrisponde un modulo composto da trave e pilastro di bordo. Al centro della pianta un pilastro, composto da elementi standard in acciaio per ponteggi edilizi, sostiene il cupolino quadrato per tetti piani apribile per il ricambio dell’aria. Travi e pilastri sono costituiti mediante assemblaggio lineare di più sci, precedentemente tagliati al fine di ottenere la lunghezza richiesta. I punti di giunzione sono rinforzati con elementi distanziatori in legno trattato. Il metodo di unione scelto per tutti i nodi della struttura prevede l’utilizzo di bullonature passanti costituite da elementi filettati in acciaio. Questo sistema modulare, implementabile secondo le esigenze, è ripetibile grazie all’aggregazione di più moduli e permette una variazione degli spazi fino a raggiungere dimensioni abitative consistenti. Lo spazio interno è caratterizzato da un volume abitabile che varia tra i 60 m3 per un diametro di 6 m, e 80 m3 per uno di 8 m. Le rispettive altezze totali sono di circa 5 m e 6 m per le due tipologie. Il tutto corrisponde a degli spazi abitabili che variano tra i 30 m2 ed i 50 m2. La conformazione della copertura permette inoltre ulteriore volumetria in altezza. Il rivestimento studiato, modificabile e implementabile, è di provenienza tessile e prevede l’utilizzo di diversi strati funzionali in base alle condizioni climatiche in cui ci si trova. I materiali utilizzati sono semplici, facilmente reperibili sul mercato, e riciclabili al termine del loro uso. Un prototipo con diametro 6 m è stato realizzato presso la Scuola Edile di Lecco, che ha offerto la propria area cantiere grazie al direttore Mauro Fumagalli. La struttura è stata poi inviata in Guinea Bissau ai Padri Missionari Oblati di Maria, come campo base per la creazione di un nuovo villaggio. Essendo una zona molto vicina all’Equatore, la yurta è stata progettata anche per schermare l’acqua e il sole. Subito dopo la fine della missione la struttura resterà in Guinea e diventerà una chiesetta. |
Benefici ambientali | Entrando in merito al materiale scelto per questo progetto, gli sci di riciclo, possiamo fin da subito affermare che essi sono presenti in gran quantità e comportano un impegno non indifferente nel momento in cui devono essere smaltiti. Infatti le regioni alpine, in seguito all’affluenza turistica invernale, divengono il luogo della fine della vita di circa 1.500 tonnellate di sci usati, che sono spesso depositati e abbandonati. Tale numero rimane tutt’ora invariato ogni anno. La loro struttura è particolarmente complessa e di conseguenza i materiali che la compongono non possono essere valorizzati se non con una difficile decostruzione. In più, si può stimare che per la distribuzione vengono percorsi mediamente 1.000 km dal punto di produzione al luogo di rivendita e/o noleggio. Per quanto riguarda lo smaltimento, le imprese si occupano di recuperare le parti metalliche, dopodiché gli scarti vengono tagliuzzati e bruciati in inceneritori, in quanto la struttura complessa non consente di considerare la separazione degli strati di plastica, in vista di un riciclaggio di quel materiale. Il profilo ambientale di un singolo sci alpino si può ottenere calcolando i valori di energia utilizzata per ogni fase di lavorazione, produzione, distribuzione, utilizzo e dismissione durante il suo ciclo di vita. (cfr. allegati) I primi due stadi della vita di uno sci (materie prime e rispettiva lavorazione) sono quelli che più ne influenzano l’impatto ambientale, mentre la distribuzione e l’utilizzo sono in relazione poco rilevanti; la dismissione dello sci risulta essere molto onerosa. Questo processo è molto costoso sia sul piano energetico, sia su quello economico; è quindi interessante pensare di riutilizzare gli sci alla fine della loro “carriera” in ambiti diversi da quello sportivo, così come si presentano. |
Altri benefici ambientali | Riduzione rifiuti prodotti |
Valutazione | Ipoteticamente, l’utilizzo di sci in ambito edilizio potrebbe tradursi in una significativa riduzione dei rifiuti prodotti annualmente dalla stagione invernale, che altrimenti rimarrebbero ammassati e abbandonati in attesa di essere smaltiti. Inoltre, lo smaltimento avviene in inceneritori con notevole dispendio di energia poiché, essendo un materiale composito, gli sci non bruciano facilmente e contribuiscono ad aumentare le immissioni di CO2 in ambiente. L’energia necessaria per adattarli al settore edile, invece, è relativamente bassa in quanto le lavorazioni che gli sci devono subire non comportano l’utilizzo di macchine o attrezzi speciali, che risulterebbero onerosi sia in fatto di energia che di costi. |